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IL SANTUARIO DI SAN GABRIELE E LORETO

IL CONNUBIO TRA NATURA E FEDE

Il Santuario di San Gabriele dell’ Addolorata è uno dei 15 santuari più visitati al mondo e conta ogni anno più di 2 milioni di pellegrini che vengono a onorare il Santo che “ha lavorato col cuore”, dall’incontenibile devozione per la Madonna e per il Crocifisso e dall’ indole inquieta, quotidiana e innamorata della religiosità.

 In splendida posizione geografica, incastonato nel versante teramano del Gran Sasso, il santuario di San Gabriele si presenta come un oasi in cui la natura imponente e montana si incontra con l’ umiltà della vita religiosa, in cui il verde dei boschi porta pace all’ animo fervente dei pellegrini affollanti le 2 basiliche della cittadina.

La Prima Basilica, la cui costruzione fu iniziata nel 1216, in vicinanza di un’ edicola dedicata all’ Annunziata, fu restaurata nel 1590 e poi ingradita e arricchita della bella cupola e della facciata dalla raffinata policromia nel XX secolo. In stile gotico inglese, l’ antico chiesa, ospita, sotto l’ altare della cappella, un’ urna in bronzo dorato, contenente le spoglie del santo racchiuse in una suggestiva Statua metallica, attorno alla quale numerosi banchi accolgono i pellegrini durante le loro preghiere e contemplazione. Nella Basilica numerosi sono gli affreschi, ad opera di Ugo Scaramucci, che raffigurano la vita del santo e si sposano alla sua devozione all’ Immacolata.

Il Nuovo Santuario, inaugurato nel 1985 da Giovanni Paolo II,  fu progettato negli anni ’60 dalla Scuola Giò Ponti di Milano, i suoi lavori di esecuzione furono coordinati dall’ ingegnere Rino Rossi di Bologna e completati dall’ architetto Eugenio Abruzzini di Roma. I suggestivi mosaici, bronzi e vetrate sono opera dell’ artista Ugolino da Belluno. Una costruzione imponente, capace di ospitare folle di 12000 persone, nata dalla collaborazione dei migliori artisti provenienti dalle parti più disparate dell’ Italia. Il nuovo Santuario, la cui sagoma richiama la forma di una grande nave, simbolo della chiesa in cammino, protende le sue braccia ai 4 punti cardinali. La Basilica si articola in Presbiterio Maggiore, Aura Feriale e vasti Matronei, moderne cappelle e sale congressi e per esposizioni. Arricchita di numerosi mosaici e di graniti policromi e marmi bianchi, la chiesa unisce gusto estetico e funzionalità al fine di sposare “escursioni turistiche” e “ascensioni spirituali”.

Santuario di Loreto

La storia del Santuario ha inizio nel XIII secolo, con l’arrivo della casa abitata dalla famiglia della Vergine Maria a Nazareth. La preziosa reliquia fu portata in Italia dopo la caduta del regno dei Crociati in Terra Santa e recenti studi delle pietre e dei graffiti, purificando la tradizione da elementi leggendari, attestastano l’ autenticità della Santa Casa.

Il Santuario di Loreto è da secoli uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti per il mondo cattolico, visitato da numerosi papi e da oltre 200 santi e beati, oltre che dai pellegrini che ogni anno affollano le sue strade.

La Santa casa, come nucleo originario, è costitutita da tre sole pareti, in quanto la parte dove oggi sorge l’altare, a Nazareth dava sulla bocca della grotta. Le pietre arenarie risultano rifinite esternamente con tecnica natabea e vi sono stati trovati diversi graffiti di età giudeo-cristiana.

L’origine del Crocifisso dipinto su legno, sopra la cosiddetta finestra dell’ Angelo, risalente alla fine del XIII secolo, è incerta: i sostenitori della prima tesi la assegnano alla cultura spoletina, altri lo vogliono realizzato da Giunta Pisano. La Statua della Madonna, scolpita nel legno di un cedro del Libano, sostituisce dal 1922 quella originaria del XVI secolo andata perduta in un incendio nel 1921. Modellata da Enrico Quattrini e eseguita e dipinta da Leopoldo Celani, la statua, seguendo l’antica tradizione, è ricoperta da un panno, detto “Dalmatica”. Un rivestimento marmoreo, capolavoro dell’arte lauretana, voluto dal papa Giulia II, disegnato dal sommo architetto Donato Bramante, e realizzato da Andrea Sansovino custodisce l’umile Casa di Nazareth. Le nicchie sono arricchite da figure delle Sibille e dei Profeti.

L’ interno della Basilica si contraddistingue per la Cupola, elevata fino al tamburo da Giuliano da Maiano e voltata nella calotta da Giuliano da Sangallo. Fu affrescata nel XVII secolo dal Pomarancio e restaurata all’inizio del XX secolo da Cesare Maccari. La Chiesa ospita la Cappella del Crocifisso, scolpito su legno e donato da una confraternita nel XVIII secolo; la Cappella Francese o del Sacramento, decorata e affrescata con le offerte dei cattolici francesi; la Cappella Slava o dei Santi Cirillo e Metodio, decorata grazie ai contributi dei croati, il cui trittico dell’altare è opera di Stanislao de Witten; la Cappella dell’ Assunta o Americana, decorata con le offerte dei fedeli americani di lingua inglese per iniziativa della Congregazione Universale, e affrescata con immaginari della Vergine e la storia del Volo Umano, da Icaro a Leonardo Da Vinci; la Cappella del Coro o Tedesca, affrescata da Ludovico Seitz nel Vi Centenario della Translazione, grazie alle offerte del popolo tedesco; la Cappella del Sacro Cuore o Polacca, decorata da Arturo Gatti con scene della tradizione polacca grazie alle offerte del popolo; la Cappella dei Duchi di Urbino Guidobaldo II e Francesco Maria della Rovere; la Cappella di San Giuseppe o Spagnola, la Cappella Svizzera o dei santi Gioacchino e Anna, affrescata con i santi svizzeri e con scene dall’ infanzia e vita familiare di Maria. Nelle due navate laterali della Basilica si trovano dodici cappelle, aperte nel XVI secolo dal Bramante e abbellite successivamente da pale settecentesche in mosaico.

La sagrestia di San Giovanni  del Signorelli custodisce i pregevoli affreschi che raffigurano otto Angeli Musicanti nella volta, i quattro evangelisti intercalati con i quattro dottori della chiesa, cinque coppie di Apostoli e l’incredulità di San Tommaso con la conversione di Saulo. La Sagrestia di San Marco, realizzata da Merlozzo da Forlì, raffigura nella volta, quattro angeli, recanti i simboli della passione e altrettanti profeti.

La Sala del Tesoro, realizzata dal Pomarancio, uno dei capolavori del tardo manierismo romano, fu voluta da Clemente VIII per accogliervi l’ingente cumulo di doni votivi lasciati da pellegrini di ogni estrazione sociale. Il Tesoro fu spogliato prima da Napoleone, successivamente, da ladri nel XX secolo.

La Piazza di fronte alla Basilica è abbellita da un’artistica fontana al suo centro e da un campanile disegnato dal Vanvitelli, autore della celebre Reggia di Caserta, sul lato sinistro, il quale ospita otto campane. La Basilica è un compendio di stile tardo-gotico e tardo-rinascimentale. I tre portali in bronzo sulla facciata della Basilica furono voluti dal cardinale Antonio Maria Gallo, in vista del Giubileo dell’anno 1600. Lavorate nella Fonderia Recanati e restaurate recentemente dalla Ditta Moggi, le tre porte rappresentano soggetti biblici, intesi ad accompagnare spiritualmente il pellegrino alla contemplazione del mistero della rincarnazione.

Sul lato sinistro del sagrato si scorge la statua dedicata a San Sisto V. Davanti alla facciata della Basilica si apre il Palazzo Apostolico, su due piani, commissionato da Giulio II a Donato Bramante.

A sud della Piazza, si eleva il Palazzo Illirico, una decorosa costruzione in laterizio di Giuseppe Marini, che in passato ospitò i gesuiti e giovani studenti provenienti dall’Illiria, oggi funge da ostello per i pellegrini e dei treni-malati.

Manoppello

Manoppello, piccolo paese ai piedi della Majella, ospita, dimenticata da 400 anni, la “Veronica”, il velo sul quale, secondo la tradizione, è rimasto impresso il volto di Cristo. La tela, anticamente conservata a San Pietro, è stata esaminata dal gesuita e storico dell’arte Pfeiffer, il quale si ritiene sicuro di aver identificato l’originale della Reliquia. La Veronica, un velo di cm 17 x 24 si trova custodita nella Chiesa del Monastero dei Frati Cappuccini nel paesino abruzzese di Manoppello.

Lanciano

ltre dodici secoli, a Lanciano, è conservato il primo e più importante “Miracolo Eucaristico” della chiesa cattolica. Tale prodigio avvenne verso la metà del secolo VIII d.C., nella Chiesa di S. Legonziano, per il dubbio di un monaco basiliano per la presenza reale di Gesù nell’eucarestia. Durante la celebrazione, dopo la consacrazione, l’ostia diventò sangue vivo, raggrumandosi in 5 globuli irregolari e diversi per forma e grandezza. L’Ostia-Carne ha la grandezza dell’ostia grande attualmente in uso presso la chiesa latina, è legermente bruna e diventa tutta rosea, se osservata in trasparenza. Il sangue è coagulato, di colore terreo, tendente al giallo-ocra. La Carne dal 1713 è conservata in un artistico Ostensorio d’argento, finemente cesellato, di scuola napoletana. Il Sangue è contenuto in una ricca e antica ampolla di cristallo di Rocca. Il Santuario è attualmente gestito dai Frati Conventuali Minori della Chiesa di S. Francesco.

Celestino V a Collemaggio

Di ritorno da Lione, dove aveva ottenuto l’accettazione dell’ordine dei Fratelli dello Spirito Santo, Fra’ Pietro da Morrone, nei primi mesi dell’anno 1275, si trovò a passae la notte a L’Aquila. Le storie raccontano che, in sogno, la Vergine Maria gli comandò di erigerle una Basilica sul Colle di Maggio. La costruzione, che a quel tempo costituiva una novità sociale in una città di recenti origini, fu lunga e complessa tanto che la chiesa, benchè ultimata, potè essere consacrata solo nel 1288 e la fabbica del monastero era ancora in corso, quando Fra’ Pietro da Morrone vi fu incoronato pontefice nel 1294. In quell’occasione Celestino V istituì la Perdonanza, ossia la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dei peccati, legata a particolari condizioni religiose e penitenziali. L’atto istitutivo della Perdonanza, che da allora si ripete ogni anno dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29, e’ scritto in una bolla conservata nella sede comunale, il che costituisce per gli amministratori della citta’ l’occasione per dare vita a un solenne corteo che, partendo da Piazza Palazzo, giunge fino a Collemaggio.

Cocullo

La festa per San Domenico Abate, che si tiene il primo giovedì di maggio a Cocullo (L’Aquila), è conosciuta in tutto il mondo.
La presenza dei serpenti dona un aspetto tra suggestione e devozione alla festa per il Santo patrono.
La cerimonia è gestista dalla Confraternita laicale di San Domenico e raggiunge il momento principale con l’arrivo del pellegrinaggio. Ogni anno, il 21 agosto, la gente di Fornelli si porta all’eremo di San Domenico Abate presso Villalago, ripetendo un rito già codificato nel sedicesimo secolo, come attesta una documentazione di archivio. Il pellegrinaggio di Fornelli, si svolge a piedi, seguendo la linea del Tratturo magno; e’ organizzato dalla Santa Congregazione di San Domenico.
La partenza è caratterizzata da un cerimoniale molto suggestivo, durante il quale tutti i pellegrini (circa duecento) indossano lo scapolare di San Domenico e appoggiandosi al bastone penitenziale, si avviano da Santa Maria a Casale, una piccola chiesa campestre, nella quale risiede ancora un eremita, recitando e cantando inni tradizionali. Tutto avviene a lume di torce, mentre i pellegrini, preceduti dal crocifisso e da un fanciullo che suona una campanella, cantano le litanie dei santi.
Di grande impatto emozionale è l’arrivo all’eremo di Villalago dove i pellegrini, dopo aver percorso quasi ottanta chilometri a piedi entrano strisciando sulle ginocchia e si portano fino all’altare maggiore di cui baciano la pietra.
Con grande solennità, il corteo risale verso il paese dove i pellegrini vengono accolti dai membri della Confraternita di Villalago, anch’essi vestiti in abito festivo e recanti lo stendardo e la croce astile.

Ortona – Cattedrale di San Tommaso

L’Abruzzo vanta molti altri santuari, spesso antichissimi e la cui presenza costituisce un punto di riferimento della devozione locale. Una menzione speciale spetta alla grande cattedrale di Ortona che vanta il privilegio di conservare le ossa di San Tommaso Apostolo, giunte il 6 settembre del 1258 come bottino di guerra conquistato dal capitano Leone degli Acciaiuoli nel saccheggio dell’isola di Scio. In seguito la Cattedrale fu accresciuta tanto da divenire uno dei piu’ insigni monumenti gotici della regione e in parte rovinata sotto il terribile bombardamento che colpi’ Ortona nel 1943. Degli antichi splendori restano il ricchissimo portale di Nicola Mancino (1311) l’antica porta sul lato sinistro, il famoso campanone del 1588, una Pieta’ goticizzante del XV secolo. Le spoglie di San Tommaso sono conservate nella cripta, entro un sarcofago scolpito (sec. VI). Ortona dedica all’Apostolo due feste: quella del 6 settembre e quella, più grande, del Perdono, la Ia domenica di maggio, a cui è legato il privilegio dell’Indulgenza plenaria. In quell’occasione, solennizzata dal magnifico Corteo storico delle Chiavi, giungono ad Ortona migliaia di pellegrini.

Bucchianico – San Camillo de Lellis

Si racconta che da giovane Camillo de Lellis avesse una statura e un portamento imponenti che ben si addicevano ad un uomo addestrato alla vita militare. Nato a Bucchianico il 25 maggio del 1550 da Camilla Caselli, un’aristocratica gia’ avanti negli anni e da Giovanni capitano al servizio dei D’Avalos nella guerra franco-spagnola, dopo la morte della madre, ancora adolescente segui’ il padre nei vari arruolamenti. Nel 1570 avrebbe voluto partecipare alla crociata contro i turchi indetta da Venezia, ma dopo la morte del genitore rinuncio’ all’idea. Intanto una ferita alla caviglia rendeva il suo stato di salute sempre piu’ precario tanto che il giovane chiese aiuto all’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma, dove resto’ per qualche tempo come inserviente.
Ripresa la vita militare fu al soldo dei Veneziani e degli Spagnoli. Si dice che all’epoca avesse un carattere litigioso e una grande passione per il gioco, tanto che un giorno a Napoli avesse perso armi e mantello. In memoria di quell’episodio, piu’ tardi, sul luogo dove era avvenuto il fatto fu eretto un tabernacolo a cui si rivolgevano le madri per allontanare i figli dal vizio delle scommesse. In seguito svolse umili mestieri presso il convento francescano di Manfredonia e avrebbe voluto prendere gli ordini in quello di Trivento se non gli si fosse riaperta nuovamente la piaga alla caviglia, la qual cosa lo costrinse a riparare una seconda volta agli Incurabili di Roma.
Guarito, resto’ nell’ospedale in qualita’ di guardarobiere prima e di amministratore poi fino al 1582. In questo periodo conobbe San Filippo Neri che divenne il suo confessore.
Colpito dallo stato di misera e di abbandono che spesso accompagnava le sofferenze dei malati decise, con cinque compagni, di dedicarsi alla loro assistenza materiale e spirituale. Fu ordinato sacerdote il 26 maggio del 1583 e qualche mese dopo dava origine all’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi approvato da Sisto V il 18 marzo 1586. Ben presto, mentre San Camillo de Lellis prestava la sua opera a Santo Spirito di Sassia, antica casa romana degli Ospedalieri, il suo ordine si diffondeva in tutta l’Italia.
Nel 1607, fiaccato dalle malattie lascio’ la direzione della Compagnia ma continuo’ a servire i poveri e i malati fino alla morte che lo colse il 14 luglio 1614 nell’oratorio della Maddalena. Fu sepolto a Roma e canonizzato nel 1746. A Bucchianico si venera la reliquia del suo cuore.

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